venerdì 29 maggio 2009

A TONI (61)

PER NON DIMENTICARE

Toni, or mi ritorna,
se pur sfocato col passar degli anni
quel viso giovanil che più non torna
perché è rimasto fermo ai sedic' anni.

Eri l'ultimo in anni di noi tutti
se pur io ti seguissi da vicino,
eri appena all'inizio dei tuoi frutti
e ancor tenevi il candor d'un ragazzino.

Con quel tuo lungo ciuffo di capelli
or ti ricordo in su la corriera,
tacito, ma con gli occhi furbi e svegli
come fossero quelli della fiera.

Erano mesi che la monotonia
di giorni uguali non ci abbandonava,
per due volte ci portava via
la corriera, e prenderci tornava.

Si facevan le botte per salire,
ti ricordi che mischie? Che spintoni?
ma noi due eravam sempre a sedere
mentre a molti pendevano i calzoni.

Corto e breve di tempo il tragitto
tra le tante risaie e betulle,
affacciati stavam sino al petto
per gridare alle belle fanciulle.

Era dura restar sotto il sole,
si colava come in candelieri
sopra il ferro di quelle virole,
ma eran giorni pur senza pensieri.

Come uccelli che liberi stanno
senza meta ne nido sicuro
volavamo da più di un anno
e nascosto avevamo il futuro.

Ma l'uccello che vola felice
non s'accorge che sotto il suo ramo
è nascosta una trappola atroce
ingannato dal falso richiamo.

E così cade a terra abbattuto,
lui, che l'aria lieve superava
or da essa non più è sostenuto,
come tutti sulla terra grava.

Fu così che si ruppe il tuo volo
per andare incontro alla pace,
quella pace che si trova solo
dove ormai ogni cosa tace
Torino 1967
dedicata ad un amico caduto da una impalcatura.
da: Vita e Lavoro




giovedì 28 maggio 2009

L'AMICIZIA (60)


Oggi disperazione è spesso pronta
a divenir dama di compagia,
la quotidiana cronaca racconta
di chi con lei si parta e vada via.
Si può fuggir da lei se nel percorso
s'incontra l'Amicizia, quella vera,
ella giammai ti negherà soccorso
tu, non tradirla mai perché sincera
è per natura sì che il tradimento
mal lo digerirebbe, allora il buio
che della solitudine è strumento
starebbe ora al gelo a fare il paio.

L'Amicizia è un faro nella notte,
è un coro nel deserto del silnzio,
è una calda coperta, è un cuor che batte
legato ad altri nel tempo e nello spazio.

L'Amicizia per chieder non ha voce,
per dare non domanda ricompensa,
è come un fiume che giunto alla foce
a sciogliersi nel mare non ci pensa.

L'Amicizia può esser na risata,
può essere un rimprovero, un consiglio,
ma non sarà giammai interessata,
ne si nasconderà; non è un coniglio.

Chi ha un amante può rimanere solo,
chi ha un amico no, ovunque ei vada
un'entità, costantemente in volo
lo seguirà ovunque sia la strada.

Continuo, come un angelo custode
sarà presente dell'altro il respiro,
pronto a frenar se depressione esplode,
pronto a spronar se non si regge il giro,
ma l'Amicizia è una merce assai rara,
oggi che il tempo corre a pagamento
per lei, che gratuita si dichiara,
d'incontrarla non si spende un momento,
.............................................................

da L'Operaio, (diario del secondo novecento Libro 2°)
dedicata a Michele Cologna







VU CUMPRA' (59)


Auto che un tempo furon pretenziose
oggi rottami pieni di fagotti,
uomini scuri, volti al sole cotti,
come muli s'incollan mille cose.
Van per la spiagge da mattina a sera,
trascinando merci d'ogni maniera.

Mutande, asciugamani, calzerotti,
-Amico, vu cumprà! so milla lira!-
C'è chi ingegnoso un carretto tira
con salvagente, palloni, canotti.
Sembra un corteo d'anime dannate,
fiume che gonfia ad ogni nuova estate.

La sera, stanchi, dopo una giornata
c'han trascinato sotto il sole, a piedi,
seduti tra i fagotti li rivedi
con una birra addosso sbrodolata.
Scende la notte e quella squadra, stracca,
avrà rifugio in qualche baracca.

Vecchie baracche sparse alla campagna,
un rudere da sempre abbandonato,
sono il rifugio lercio, improvvisato
cui schiferebbe il partorir 'na cagna.
Tu ti domandi: -Forse è gente questa?
Duro è rispondere, e giri la testa.

dic. 2003- da: La Conchiglia



lunedì 25 maggio 2009

CLOCHARD (58)


Imbacuccato, un letto di cartone,
sul marmo d'una fredda scalinata,
tra gente indifferente, indaffarata,
in un cupo sottopasso di stazione.
Quale tortuoso ed impervio cammino
t'ha portato fin qui? Quale destino?

Il tuo passato? Forse una famiglia
anche tu avesti, è certo i genitori;
quale la molla che ti cacciò fuori
da quel mondo che non ti rassomioglia?
Chissà? Sarà un non corrisposto amore?
O forse un indicibile dolore?

Un giorno respirasti cieli azzurri
prima d'entrare vivo in una tomba
al cupo grido d'un treno che romba?
Godesti mai marittimi sussurri?
Una carezza l'hai mai ottenuta?
Dura la vita, ma non si rifiuta.


dic. 2003- da: La Conchiglia



BELLA (57)


Bella, come quell'età tua leggera,
i grandi acquosi occhi di gazzella,
di ordinanza minuscola gonnella,
fiera mostri la grinta di pantera.
Volan ricordi esotici alla mente
d'un mondo che non segue la corrente.

Quella corrente, dove con violenza
gli odierni negrieri t'han sospinta,
schiava del sesso, maschera dipinta,
ostenti sicurezza all'apparenza.
Fingi coraggio e tremi di paura,
vicino a un fuoco nella notte scura.

Chi parla con disprezzo, chi ti usa,
chi ti "protegge" ovverosia ti sfrutta,
non puoi decider tu, sia bella o brutta,
la compagnia; la morale t'accusa.
Resti nell'aria, come l'aquilone,
legata al filo della compassione.

So che vorresti tornare al calore
della tua terra amata, al tuo villaggio,
ma non è facile uscir dall'ingranaggio
di quel cinico mondo sfruttatore
di chi vorrebbe ricacciarti a mare
e poi la notte ti viene a cercare.

15-12-2003- da: La Conchiglia



IL POLACCO (56)


Hai combattuto quello
che sulla terra era
la più terrena idea di giustizia,
anche se in malo modo interpretata.

Hai vinto la battaglia, ringraziato
da chi per "Dio" ha solo il "Mercato",
chissà cosa ne pensa
Colui che in terra
il nome Suo perpetui.

Egli, con i potenti, mai entrò in affari.

E' giunto a possedere la Ferrari
un figlio del mediocre elettricista
che in trionfo fu portato a Danzica
da quelli c'ora perso hanno il lavoro
in nome della legge del mercato.

Ha fatto carriera
all'ombra della Madonnina nera
da te sponsorizzata.

La madre del Signore adoperata
per aprire la porta al "capitale"!

Non mi risulta
fosse di religion pratica occulta,
tanto è vero che alla luce del sole
assurgere hai potuto al ministero
che fu di Pietro il soglio.

Quale minaccia allora
t'attribuiscono d'avere tu sconfitto?

L'aver cresciuto gli schiavi del profitto
è forse una vittoria?

Sulla terra ti porteranno in gloria,
ci puoi contare!

Chissà però, Cristo come la pensa?

da: Il Muro


L'IDEA (55)


L'idea non morirà;
folle utopia,
stella cometa,
luce in fondo al tunnel;
per gli ultimi illusione,
svanita (non effimera) speranza

Oceano tracimante,
esplicita minaccia, senza veli.

Temuta, odiata, combattuta e vinta
da chi sta sul velluto,
da chi sta largo e stringersi non vuole,
da chi di scender teme uno scalino,
sepolta, sotto un muro rovinato,
già rovinata da chi eresse il muro.

Usata male,
male interpretata
da chi con vanto l'elevò a bandiera
e, in buona o malafede,
condannata all'oblio dai suoi tutori.

Ma il seme,
sotto la gelida crosta
che ha ibernato i cuori
fertile resta.

Tornerà il disgelo.


da: Il Muro

SCENDER... (54)


Scender vorrei dal treno della vita,
uscir dal mondo, in punta di piedi,
muto, lieve, neve nella notte,
se debitore non fossi
a chi mi s'aggroviglia.

Possa da solo sciogliersi ogni nodo
(e pur non verrà ciò senza dolore)
ma ogni strappo è lama rovente
che si conficca al cuore.

da: Il Muro

sabato 23 maggio 2009

IL CIECO (53)


Cammini nell'ininterrotta notte
senza vedere immagini o colori,
non sai che siano le farfalle o i fiori,
quante emozioni ti sono ridotte?
Con gli occhi spalancati sul'ignoto
tu, senti il mondo, ma lo vedi vuoto.

Lo sguardo non hai cupo ma sereno,
il volto tuo risplende di sorriso,
non una traccia d'ira sul tuo viso
n'un mondo che trabocca di veleno.
Tu, che potresti bestemmiar la sorte
mai t'alterasti, fosti sempre forte.

I veri ciechi siamo noi vedenti
che non sappiamo cogliere le gioie
d'una vita che corre, mille noie,
mille problemi, mille impedimenti
ci annebbiano la vista per guardare,
tarpandoci poi l'ali per volare.

dicembre 2003
da: La Conchiglia.

IL LABIRINTO (52)


Hai imboccato l'atro labirinto
per sfida forse, spinto dalla noia,
l'uscita fugge, mentre il mondo boia
ti spara contro, tu ne sei convinto.
Difficile tornar su vecchi passi,
perciò gli spacciator si fanno grassi.

Perché precipitarti nell'abisso?
Perché cercare il sole nella notte?
Credi così fuggir l'umane lotte
che della vita sono il prezzo fisso?
La vita è un'adorabile battaglia
che avvolge, che travolge, che attanaglia.

Cogli la vita, non buttarla via,
respira il sole, gli ampi spazi vivi,
il mare, le montagne, i dolci clivi,
dell'universo l'immensa armonia.
Non invitar con te a cenar la Morte
ch'ella è felice aerti alla sua corte.

16-01-2004- Ai ragazzi schiavi della droga
da: I Rapaci.

FIAMMA DI VESTA (51)


Quanti i falò d'Amore
in cenere mutati
si son dispersi nel vento dell'oblio.

L'amore nostro mai ci parve rogo.

Fiamma di Vesta, limpida, leggera,
che ancora allegra saltella,
e siamo a sera.

Com'è bello godere
quando la carne cuoce come un tempo
nell'amplesso divino dell'Amore.

05-12-2001 da: Comunistifobia.

venerdì 22 maggio 2009

TORNERESTI LAGGIU' (50)


Torneresti laggiù
dove ora par così leggero il tempo?

Là, dove tutto s'assomiglia a un gioco,
e, quei che ci si trova
non si decide a lasciare il nido.

Noi bruciammo le tappe,
senza calcoli andammo all'avventura
armati di speranza
con la fiducia a farla da padrona.

Lavorammo per loro,
scioperammo per loro,
risparmiammo per loro.

Or che fuggita sembra la fiducia
avrei paura a tornare laggiù.

19-10-2007- da: Per Elisa

giovedì 21 maggio 2009

la comunistifobia (49) (filastrocca2)


Filastrocca, molto seria, poco sciocca.
PER NON DIMENTICARE

Fin da bambino aveva quel tormento:
-Aiuto mamma! Rieccoli! Li ho visti!-
-Dormi piccino, è soltanto il vento!-
-No! Te lo giuro! Ho visto i comunisti!-
Dei valori cristiani paladino,
di ogni libertà "Lui" difenore,
il "Gran Maestro" gli indicò il cammino (1)
-Nessuno sfugge al televisore!-
Allor partì, nel tempo d'uno e due
con tre Tivù invase ogni cantone,
che quando si scoperse la "Pidue"
era completa già l'occupazione.
Ma lui sognava ancora i comunisti,
quella barbosa questione morale
che Berlinguer gridava. -Insisti, insisti,
non è che qualcheduno mi vuol male?-
-Non preoccuparti!- Diceva Bettino,
-Li ho già domati tutti, ormai son io
che tira i giochi, tu stammi vicino
non può scalzarci più nemmeno Dio!-
Purtroppo i comunisti, sempre loro,
li credi morti, rispuntano fuori,
travestiti da giudici del foro,
mimetizzati da procuratori,
"Ghino di Tacco " subì lo sgambetto (2)
e sì trovò col deretano in terra,
fu allora che rivolto al suo protetto
-Eccoti il sacro calice, và in guerra!-
Ormai fattosi grande, ormai maturo,
si fece forza innanzi al suo padrino:
-Fuggi pure se vuoi, ma t'assicuro,
non ti scorderò mai, caro Bettino.-
Rimasto orfano il mondo dei valori,
l'apparato sotto interrogatorio,
ecco dall'etere i mille colori
d'un mondo senza inferno e purgatorio.
Rispolverò la vecchia sua fobia:
-Aiuto I comunisti! Aiuto! Aiuto!-
Chi lo prese per matto: mamma mia,
ma questo il cervelo s'è bevuto!
I comunisti, quand'erano forti,
al popolo mai fecero paura,
ora, che anche lor erano morti
potevano mai esser na sciagura?
Eppure prese piede la fobia
e, miscelando paura alle promesse,
in poco tempo zac! E per magia
divenne primo, nessuno gli resse.
Prima tentò un gesto per Bettino
ma quella spugna gli andò di traverso,
la lira svalutò, andò al Cremlino
tra i "Grandi" Lui rideva, era diverso,
Tentò di riaggiustare le pensioni
ma ecco i "Komunisti", sempre loro
tra le ruote a mettere i bastoni,
rovinargli così il capolavoro.
-Non piangere!- Gli disse la zia suora,
-Quelli che t'amano sono sempre tanti!-
Invece Bossi disse:-Vada fora!
Basta stare a braccetto coi briganti!-
E mentre Prodi riaggiustava i conti,
-I Komunisti! Han fatto il ribaltone!
Questi ci fanno andare sotto i ponti!-
E già qualcuno gli dava ragione.
Mentre D'Alema si faceva male
per essere accettato dal "padrone"
(via posto fisso, lavoro interinale)
-I Komunisti! La rivoluzione!-
Poi venne Amato, il braccio sinistro,
di quello cui lui era il braccio destro,
poteva fare nel "Polo" il ministro
-Questo è un regime!, vogliono il capestro!-
Insomma, piangi piangi, alle elezioni
ha vinto, ha stravino;- Meno male!
La smetterà di rompere i coglioni!
Ma l'incubo permane, ancor l'assale.
-Presidente, ma le tante promesse?-
-Pensiamo ai buchi che han fatto i comunisti!-
-Presidente, il conflitto d'intersse?-
-Sporche illazioni, sempre i comunisti!-
Ha vinto, ha stravinto, ancor si lagna,
-Alla ,RAI mi hanno boicottato!-
-Ma presidente, gli han dato la lavagna!-
-Due milioni di voti mi han rubato!-
-Presidente! Coraggio si distenda,
non c'è motivo d'avere paura,
l'Italia è diventata una sua azienda!-
-Ma i Comunisti son morti! Me lo giura?-
-La gente mangia, beve, si diverte,
tanto c'è lei che se ne prende cura
spetta che le promesse sian coperte!-
-Ma i Comunisti della magistratura?-
-Insomma Presidente, la paura
che tanto la tormenta, si confessi?-
-E' sempre stata la cosa più sicura
per far cadere nella rete i fessi!-

21-02-2002-
(1) Licio Gelli; (2) Bettino Craxi.
da: Comunistifobia













il bastone e la carota (48) (filastrocca 1)

PER NON DIMENTICARE

Filastrocca; un po' seria un po' sciocca.

Era una piccola, media officina,
di operai saremo stati una ventina,
l'ingegnere mischiato avea le carte
nuova officina aprendo in altra parte.
Come Cesare "dividi et impera"
s'era creato una posizione altera.
Si lavorava come si fa ancora
nella bassa Romagna che lavora.
Allo stadio c'era un grosso stricione
dicea "Valdini re dell'irrigazione"
nella Cesena bene era qualcuno
però per strada parlava con ognuno,
sarebbe come a dir: "un buon padrone"
ci dava la carota..... ed il bastone.
Il bastone non si fece aspettare
allor che il premio andammo a reclamare,
disse:- Se fate scviopero, domani
vendo tutto e mi lavo le mani.-

I più anziani dissero:- Ragazzi,
questo prima lo dice poi lo fa;
restiamo calmi, non facciamo i pazzi,
che più avanti di nuovo si vedrà.
Loro ne sapevano qualcosa
perché sei anni prima era successo
che li aveva spediti tutti a casa
ed i ribelli più videro l'ingresso.
Presto con la "carota" ritornò:
-Se fate i bravi, io, a fine anno,
un po' di premio vedrete vi darò,
perciò non combinate nessun danno!-
Nell'autunno s'era del sessantotto,
vi furono scioperi generali,
per due volte rimase chiuso tutto
che allora erano casi eccezionali,
poi, venne il momento degli auguri,
assieme alla bottiglia e al panettone
del premio eravam tutti sicuri,
per il contrario non vedevam ragione.
Gli impiegati erano un'altra razza,
loro il premio lo prendevano già,
invece noi che battevam la mazza
vivevamo in tutt'un'altra realtà.

Ecco Valdini entrar tutt'elegante:
-Io vi ringrazio, la ditta è andata bene,
son soddisfatto siete brava gente,
beviamo un goccio, brindiam tutti assieme!-
-Stavolta è fatta- Tutti pensavamo,
se è andata bene il premio ci sarà
già in tasca quei due soldi vedevamo
quando ad un tratto giunse un freddo "ma".
-Ma l'atomobilista imprevidente
non ha l serbatoio ben riempito,
conduce sempre, la vittoria sente,
finisce la benzina ed è battuto.
Proprio alla fine vi siete rovinati
con quegli scioperi; ma che avete in testa?
Per quest'anno i soldi son saltati
ci rivedremo la prossima festa!-
Il gelo nella stanza era disceso,
a qualcuno lo spumante tornò su,
l'ambiente diventò d'un tratto teso,
di fare festa non i adava più.

-Questa gliela dobbiamo far pagare!
Alla prossima cena che ci sarà
nessuno di noi ci deve andare,
se siamo uomini se ne accorgerà!-
Passò Natale, passò Cpodanno,
passò anche la rabbia che avevamo,
e, quando c'invitò, ci prenotammo,
dicendo pure il menù che volevamo.
Venne l'autista dentro l'officina
dicendo:- Se mille lire cacciam fuori
dall'Euroflora dentro domattina
la mamma di Valdini avrà i fiori,
così bella figura noi faremo
e l'ingegnere si commuoverà,
gli impiegati li precederemo,
il mazzo loro più tardi arriverà;
sono tutti daccordo, tu che fai?-
-La maggioranza vince!- io risposi,
uno ad uno poi presi l'operai,
l'autista li aveva un po' confusi.
-Ma come! Già ci siam dimenticati
di come ci ha trattati per Natale?
Di come siamo stati abbindolati?
Ad inchinarci troppo facciam male.
Non rassegnamoci a prendre le botte,
tiriamo fuori se l'abbia l'orgoglio,
ciò che avremo ce lo daran le lotte
non ringraiamo chi ha il portafoglio!-

Quella sera l'autista era nero,
tutti furon con me, ero commosso,
presi dal vaso in tavola, e fiero,
m'appuntai al petto un garofano rosso.

da: Il Bastone e la Carota. 1982









mercoledì 20 maggio 2009

LE TRE BANDIERE (47)


Effe, Elle, Emme, un'unica bandiera, (1)
un ondeggiar di rosso mare al vento
quando l'autunno parve primavera. (2)

Antica rabbia, speranza rinata.
Rinfocolato l'ideale spento
dall'unità per anni soffocata.

Con l'ozono si son bucati i cuori,
mille "Acne" li hanno avvelenati (3)
barattando gli agi coi valori.

Stan tre bandiere ora sui pennoni
nei capannoni vuoti, abbandonati,
a ricordar l'antiche divisioni.

Eravam tanti, un'unica bandiera,
ma tutto ha fine, pur la primavera.

(1) F.L.M. Federazione Lavoratori Metalmeccanici
delle tre confederazioni unitarie CGIL; CISL; UIL.
(2) 1969, Autunno caldo
(3) Acna di Cengio (fabbrica di veleni)
da: L'Operaio Pentito.

HO VISTO (46)


Ho visto sbucare
dalle viscere della terra
le nere maschere dei minatori,
cerchiati gli occhi ma d'orgoglio sereni.
Uomini e donne
li ho visti affrontare
il maglio implacabile del sole
per cogliere i frutti della terra;
canottiere grondanti
sul lustro bronzo
delle spalle e dei volti;
volti sfatti, sfiniti,
con su scolpita
la tranquillità dei giusti.
Ho visto uomini di gesso,
con le mani ed il volto
scavati dalla calce;
volto con su il sorriso
acceso da battuta all'improvviso.
Ho visto la calma
del pescatore che rimaglia le reti
mentre corre
libero col pensiero in altomare;
neppur delle tempeste
il ricordo lo rabbuia,
dentro il suo cuore
il mare mai s'increspa.
Ho visto il volto sanguigno
dell'operaio in tuta,
quando lotta
con la rabbiosa speranza
di un futuro migliore.
Ho visto....Ho visto...Ho visto!
Del disoccupato ora vedo
il volto sconsolato
livido della disperazione
inebetito dalla rassegnazione.
Amico! Per la disperazione ti perdono,
ma ti prego, non rassegnarti mai!

da: Il Muro



lunedì 18 maggio 2009

IL TEMPORALE (45)


Un raggio di sole
ha rotto la lunga teoria
di giorni piovosi.

Sembravano eterni
i giorni dell'ansia e il dolore
adesso svaniti.

A pieni polmoni
nell'aria pulita e leggera
felice respiro.

Ahimè, il cellulare
dal pronto soccorso che chiama;
riecco il temporale.
18-05-2009
da: Insieme

LA MORTE II (44)


Arriva per tutti il momento
che non puoi sfuggire alla sorte,
comunque si tenti,
comunque si speri,
son chiuse le porte.

Ne pianto o lamento,
di cari il tormento,
ne d'odio o d'amore
passione più forte
può darti il riveglio.

E' gelo, è mistero;

Silenzio....

E' la Morte.

12-10-95-
da: Il Muro

LA VITA (43)




Arriva per tutti il momento
di dire: -La faccio finita!-
Ma sempre qualcosa,
ma sempre qualcuno che frena.
Si torna in partita.
Il gioco riprende,
riecco la sfida,
t'avvolge, coinvolge,
travolge, sconvolge....
Vorresti il coraggio di farla finita
ma Lei non s'arrende,

Lei è forte.
E' la vita.


12-10-95- Il Muro

domenica 17 maggio 2009

KOSSOVO (42)


Hanno fatto la guerra
per cacciare i cattivi
e l'hanno vinta.

-Allora i soldati
saranno ritornati!-

Non hanno potuto!

Ora devono difendere dai buoni
i cattivi che son rimasti vivi!

Dopo due anni dalla "liberazione"
del Kosovo
da; Favola

11 SETTEMBRE (41)


Cos'è sepolto la sotto?
Ta quei ritorti ed intrecciati travi,
tra i mozziconi di fuse colonne,
acciaio fuso ai vetri
di mille e mille specchi
che non riflettono più altro che morte?

Cos'è sepolto là sotto?
Tra brandelli di corpi aggrovigliati
a quei fili di personal computer
andati in tilt per sempre
come migliaia di cuori e di cerveli?

Cos'è sepolto là sotto?

E' sepolto il coperchio della storia
che si voleva conclusa e definita.

Non si potrà mai sigillar la storia
finché ci sarà vita.

11 settembre 2001 Attacco
alle Torri Gemelle (il giorno dopo)
Da : Favola

DONNE DI KABUL (40)


O sole,
tu che d'azzurro il cielo ci colori,
la notte qui ancora era padrona
quando volavi nudo su Kabul
in un risveglio di macerie antiche
eredità di guerre mai finite.

Giorno dopo giorno
nuove macerie contempli al tuo ritorno
là, dove ancora
della carne bruciata olezzo sale.

Prigioniere del burqa le donne,
senza volto,
libere solamente di sognare
la tua calda carezza sulla pelle.

Oltrepassa la trama di cotone,
scaldale almeno il cuore!

23-10-200 - da: Favola




MA COME PUO' (39)


Ma come può un Dio essere tale
e far che i figli suoi s'odino tanto?

Che nel suo nome, sangue d'innocenti
sia pane quotidiano del terrore?

Se Dio è questo, brucino le chiese,
brucino le moschee, le sinagoghe,
coi preti, coi rabbini, cogli imani.

Basta cristiani, ebrei, musulmani,
se Dio è uno, siamo tutti umani

23-10-2001- Favola




GOCCIA (38)


Non suicidarti se crolla la fede
come fu di Pavese o Majakovski,
lascia che l'onda umana ti travolga
goccia tra gocce dell'oceano immenso.

Pulsa la vita e pulserà in eterno
ma eterno non sarà il tuo pulsare.

Se scoppiasse la Terra, l'Universo
non se ne accorgerebbe, e tu vorresti
per sacrificio offrire la tua salma
a un mondo che a migliaia ne sotterra
sotto l'indiffereza quotidiana?

Primo non sei ne ultimo sarai,
goccia tra gocce, tutto l'universo
in te si fonde e tu ti fondi in esso.

Fin quando avrai la terra sotto i piedi
la vita intera ti sarà compagna.

Lascia sia lei a staccare la spina.

21-05-1998- da: Il Libro Nero

E' TARDI (37)


Adesso tutti piangono per lui;
lui, che ha avuto il coraggio
di chi ha paura a poseguire il viaggio

Ha gridato in silenzio il suo dolore;
nessuno lo ha sentito,
per mesi e mesi non si è mosso un dito.

Ora, ha fatto notizia sui giornali;
compiuta la tragedia
articolo non v'è più che rimedia.

Non serve più l'aiuto.
Chi è stato sordo rimanesse muto.


26-04-1998- Lecce: dalla disperazione
si uccide per non avere la possibilità
di pagare a retta alla sorella handicappata.
da: Il Libro Nero


AIUTI UMANITARI (36)


Abbiamo portato il pane
con i carriarmati,
portato la democrazia
con i bombardieri,
portato la libertà
con le cannonate,
abbiamo portato la pace
con le bombe.
Chi al nostro aiuto
è sopravissuto,
se ha potuto fuggire
è venuto da noi;
ma, anche qui,
è molto dura per lui.

feb. 2009- da: Gocciole Dorate

sabato 16 maggio 2009

LA MORTE (35)


Perché aver paura della morte?

Temo la resistenza della vita
quando accanita
arrendersi non vuole.

La morte spesso è triste per chi vive
ma, per l'interessato
resta l'antico amletico dilemma.

Non è allegra la morte,
non è triste la morte,
non è dolce la morte,
non è amara la morte;

non è nulla...è la Morte.


20-02-2009- da Gocciole Dorate

MOGLIE MIA (34)


Moglie mia ti amo,
come l'acqua ama il mare,
come la terra ama il sole,
come la notte ama la luna.


L'inesorabile tempo
non ha sciupato
il corpo tuo di seta,
e, in me non ha sopito
del corpo tuo la sete.


Io mi disseto immergendomi tutto
tra le colline tue ancor fiorenti
e, scivolando fino alla sorgente
dove dei sensi l'estasi si coglie
in Te mi perdo,
e, quando mi ritrovo
il desiderio è quello di tornare
a sciogliermi con Te.


06-06-2002 -
da : La Conchiglia

I TUOI BACI (33)


E nettare divino
il frutto dei tuoi baci.

Io chiudo gli occhi e volo
sospeso nell'etere infinito.

Mi piaci!
Sempre di più mi piaci!

La patina del tempo non si posa
sul nostro amore,
sempre più splendente.

Giammai travolto fu dalla passione
(meravigliosa fiamma alquanto breve
che con violenza brucia
nell'eterno orgasmo di quell'attimo),
però continua allegra,
viva e luminosa
del nostro Amore la fiamma,
e mai si spegne,
ne mai si spegnerà finché i tuoi baci
alimentarla sapranno.



da: La Conchiglia

DONNA MIA (32)


Cos'è più dolce, cos'è più sublime
dei nostri corpi uniti nell'amplesso?

Colline spiaccicate sul mio petto,
montagne lisce strette tra le braccia,
il mio entrare nel tuo caldo sesso.

Ah! Libidine santa, Ah Paradiso!
Ah! Esplosione di fuochi d'artificio
nella notte dell'anima, glaciale.

Perpetua primavera, linfa tale
d'accendere la vita quando è spenta;
risveglio di fuggita giovinezza.

da: la Conchiglia.

LA CONCHIGLIA (31)


Quando mi baci fuggono le nubi,
il cielo è un'esplosione di colori
da cancellare a mezzogiorno il sole.

Quando mi baci , in mille capriole
s'accendon rimbalzando le campane
e si disperde l'armonia tra i fiori.

Quando mi baci pulsano le stelle,
sembran staccarsi per giocar con noi
come leggera pioggia sulla pelle.

Quando mi baci tutto l'universo
sembra ridotto un'unica conchiglia
che ci racchiude in se...che meraviglia.

25-10-2003- a Clementina
la Conchiglia


GOCCIOLA (30)


gocciola lento il tempo dell'attesa
per divenire scroscio al nostro incontro
poi, placido tornare, nel ricordo.

da Favola

venerdì 15 maggio 2009

LA FAVOLA (29)

PER NON DIMENTICARE

L'ULTIMO OPERAIO.

E una favola lunga, un poco triste,
è la storia del'ultimo operaio
che fece lotte, ottenne conquiste
e poi sparì, Chissà per quale guaio.

Già da fanciullo se ne andò a bottega
senza fuggir dell'obbligo la scuola,
banchi al mattino poi martello e sega,
qualche ceffone, qualche brutta parola.

lui abbozzò ed imparò il mestiere,
presto finì la scuola, ed il futuro
era scolpito già sopra il dovere
di un lavoro sì duro ma sicuro.

Quattordici anni, ancora bambino,
ancora imberbe ma già registrato
quale operaio, tracciato il cammino
che con orgoglio non ha più lasciato.

Anni sessanta, fu tutto un fiorire
di grandi fabbriche, di grandi cantieri,
tutto era grande,piccole le mire
ma il boom accese nuovi desideri.

Assolto quello che allo stato aspetta
si prese moglie, (senza fare prove),
impararono insieme la ricetta
che poi è quella che ogni cosa muove.

Con la tivù ci furon le cambiali
e, anche s'era misero il salario,
la moglie faceva i salti mortali;
mai disatteso venne l'onorario.

Poi venne il frigo, poi la lavatrice,
oggetti oggi più che naturali,
cose che allora rendevano felice
chi le poteva aver...Quante cambiali!

Vennero i figli, subito fu gioia,
-Ma quale gioia, crebbero i pensieri!-
Hai ragione mia cara, ma la noia
mai riuscì a tenerci prigionieri.

Fu il momento dell'auto, questa volta
le cambiali mettevano paura,
due - tre anni, una rata molto alta,
comunque azzardammo l'avventura.

Sempre la moglie a gestire i conti,
si rinunciava ad un paio di calzoni
ma la domenica s'era sempre pronti
con l'auto per cercar nuove emozioni.

Fummo di colpo dei consumatori
ma il consumismo pretende danaro,
la coscienza svegliò i lavoratori;
anche il progresso può essere amaro.

Quando dal sonno sveglia la coscienza
è problematico poi tenerla a freno,
ogni richiesta può apparir violenza,
si fa strada fra gli animi il veleno.

Chi crea prodotti venderli li deve
ma per comprarli serve la moneta,
il consumistico uomo tutto beve,
in ogni novità vede una meta.

Quello che accadde era già scontato
da chi tiene le leve del potere,
ma ciò che chiedi mai ti sarà dato
se non combatti per poterlo avere.

Una organizzazione sonnolenta
memore delle cariche scelbiane
riaccese la fiammella ch'era spenta,
pel companatico or che c'era il pane.

Il vento proletario soffiò forte
che il fuoco prese piede in un baleno,
non puntò solo alla cassaforte
ma dei diritti volle fare il pieno.

S'ottenne che infortunio e malattia
venissero pagati per intero,
trenta giorni di ferie; -Mamma mia!-
per l'operaio non pareva vero.

Era così potente il sindacato
che uno "Statuto dei Lavoratori"
molto garantista e molto avanzato
si riuscì a strappare a "lor signori"

Nacquero i delegati, quanti allora
scelscero quella strada con l'impegno
di migliorare il mondo? Quanti ancora
la corsero per comodo disegno?

Comunque sia fu tanta l'euforia
ma solidarietà non venne spenta,
parve fiorir fra tutti un'armonia
da far la gente tutta pù contenta

Quante assemblee, quanti l'argomenti,
"mezzogiorno", la disoccupazione,
non erano trascurati gli aumenti
ma quelli li mangiava l'inflazione.

Pur le mogli varcarono i cancelli,
doppio stipendo, cosa mai sperata
prima d'allora, che i sogni più belli
furon per chi lavora, alla portata.

Comprarsi casa è il più grande sogno
per chi da proletaria stirpe viene,
si poté soddisfar questo bisogno
pur se non poche furono le pene.

Il "capitale" non è generoso
per sua natura, ma aspetta che il vento
cambi di rotta, non resta a riposo,
-Dovrà pure finir questo momento!-

Il vento cambiò rotta, lentamente
ché il "capitale" che mai s'era arreso,
l'indole ritrovò del prepotente
e l'operaio si trovò indifeso.

S'eran creati gli ammortizzatori
per attutire lo scontro sociale,
mina per l'unità, i lavoratori
se son spaccati non fanno più male.

Mobilità, cassaintegrazione
hanno tenuto a freno la protesta
ma s'è negato a una generazione
d'entrare in campo. Che società è questa?

Si son svendute in nome del profitto
le conquiste di trent'anni di lotte,
lui solo ancor vanta qualche diritto,
per tutti gli altri s'è rifatta notte. (1)

E' malinconico" l'ultimo operaio "
lui, che aveva il "padrone" e mai fu servo,
vede i suoi figli schiavi e. il peggior guaio,
al consumismo dar midollo e nervo.

Gioventù che è appesa a un cellulare,
schiava dei suoi bisogni ed alienata,
che ha studiato e non sa cosa fare
e alla precarietà s'è rassegnata.

ha speso nei Mac Donalds la coscienza,
ha tutto all'infuori del futuro,
vive con noia la propria opulenza,
pei deboli s'è fatto il mondo duro.

ché l'individualismo esasperato
non ti consente di guardare indietro,
ci si sdegna a parlar del sindacato,
ognun misura con il proprio metro.

L'operaio s'interroga ed è triste,
questo non è il mondo che voleva,
forse il mondo perfetto non esiste
ma lui un po' più giusto già lo aveva

E' male sopportato dal "padrone"
anche se è stanco e non può più ferire,
ma ha l'orgoglio d'una generazione
che mai servile fu...Pur di soffrire.

(1) lavoratori precari
2001- da Favolai